La prima volta che mi sono innamorata di un paio di scarpe avrò avuto quattro o cinque anni: erano dei mocassini color testa di moro, con le nappine. Li ho desiderati con tutto il cuore, ma non me li hanno comperati, probabilmente non eravamo andati al negozio per me. La seconda volta ero più grande; mi avevano mandato a fare acquisti col nonno: i mocassini c'erano, ma io sono tornata a casa con un paio di odiosissime scarpe di vernice nera, con un accenno di tacco che, con i calzini che ancora portavo, faceva a pugni. Non mi era permesso scegliere... Poi, però, mi sono ampiamente rifatta e quel tipo di scarpe nel mio armadio non mancano mai. Altro che tacco 15, io adoro i rasoterra, di tipo maschile, preferibilmente, e se hanno la suola bella grossa, tanto meglio!
A inventare gli antenati dei mocassini (penny loafer, in inglese) furono gli Indiani del Nord America. Essi si fasciavano i piedi con un pezzo di pelle morbida che si alzava sui fianchi. Nella lingua Algonquan, quella parlata dai Pellerossa, il termine “calzatura” vene tradotto proprio con il termine “mocassino”.
La forma del mocassino più simile a quella moderna si diffonde a partire dal 1932. La famiglia Spaulding, di origine americana, comincia a produrre calzature che si ispirano a quelle dei mungitori di latte norvegesi. Le scarpe di questi lavoratori, a loro volta, si ispirano a quelle dei Lapponi. Essi, a differenza di quelle degli Indiani, indossano calzature ricavate da diversi pezzi di cuoio cuciti assieme.
Il mocassino segna il boom negli Anni '30. Nel 1936, GH Bass, un'azienda americana che fabbrica stivali per John R. Bass, lancia sul mercato i Weejun loafer: “weejun” è l' abbreviazione di “norwegian” (norvegese) e “loafer”, in inglese, significa “scansafatiche”.
È a John R. Bass, quindi, che si deve l'invenzione della mascherina a forma di labbra che appare su queste calzature. I critici di moda non approvano inizialmente i Weejun Loafer, poiché li ritengono simili a ciabatte e ne sconsigliano, pertanto, l'uso.
Negli anni '40, è Fred Astaire, noto ballerino statunitense, che adotta i loafer anche quando balla il tip-tap e li lancia come scarpe da indossare anche con il frac.
A contribuire in modo determinante alla diffusione del mocassino, però, è l'uso che ne fanno gli studenti universitari dell'epoca. Essi iniziano ad adottarli come un accessorio comodo da indossare con l'abbigliamento informale. È in questo periodo che, negli USA, il mocassino viene ribattezzato con il nome di “penny loafer”: questo perché gli universitari hanno l'abitudine di introdurre un penny all'interno della mascherina a forma di labbra.
Lo stile “Ivy League”, nato nei college americani, comincia a diffondersi in tutto il mondo e tra le diverse categorie sociali. I mocassini diventano da calzatura informale, un simbolo di eleganza.
In questo periodo i Fratelli Rossetti reinterpretano i “loafer” e sostituiscono la mascherina a bocca con un'applicazione di metallo. Essi trattano anche la pelle applicando un inedito effetto sfumato-anticato. Nel 1968, i Rossetti estetizzano lo spirito rivoluzionario e lanciano sul mercato il mocassino yacht, foderato in spugna per essere indossato senza calze, e quello rielaborato a forma di stivale o sandalo.
Il ritorno dei “penny loafer” avviene a metà degli anni Ottanta, quando, nel mondo della moda, vi è un revival dello stile casual americano di metà Novecento. Nonostante questo, però, gli stilisti nascenti continuano a personalizzare e a reinterpretare continuamente varianti inedite della calzatura.
Il mocassino non passa mai di moda; è una calzatura versatile perchè elegante e sportiva al tempo stesso. A me personalmente piace in tutte le salse:
L'unico genere di scarpe che mi piace altrettanto è questo:
lo stivaletto alla Beatles che, però, purtroppo, non posso calzare per problemi di collo del piede troppo alto: niente stivali per me!
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