Dindi

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domenica 10 aprile 2016

Lea e Alma

Due nomi ormai fuori moda, ma sempre molto belli e significativi:





Lea era mia suocera, la mamma di Giorgio.


In italiano, è la forma femminile del nome Leo, dai termini latini leo e lea, "leone" e "leonessa".
Il nome conta però una buona dose di origine alternative: in svariate altre lingue, fra le quali croato, sloveno, danese, norvegese, olandese, svedese, finlandese e tedesco, Lea è una variante del nome di ebraico (לֵאָה) Leah ( significato: stanca, laboriosa). In inglese può costituire una variante del nome Lee, e infine Lea è anche il nome della divinità hawaiiana dei costruttori di canoe, il cui nome deriva forse dall'hawaiiano le'a, "gioia", "piacere", "piacere fisico" (termine che indica anche la stella Arturo).

Lea potrebbe essere una variante del nome Lia. Altre varianti: Leona, Leonia, Leonella, Leonilla, Leonetta, Lois, Leonzia, Leontina, Leonida, Leandra; in rari casi, infine, può essere un ipocoristico di altri nomi che iniziano o cominciano per lea, come Leanne,  Learca, Galilea, Pantalea e via dicendo.



L'onomastico si festeggia il 22 marzo in memoria di santa Lea di Roma, vedova.
Lea apparteneva ad una famiglia nobile, divenuta vedova molto giovane era promessa a Vezzio Agorio Pretestato, personaggio molto noto che sarebbe divenuto console. Ma Lea scelse di entrare nella comunità di Marcella, al matrimonio illustre preferì la preghiera, la povertà e la castità.


Alma era mia mamma.

Deriva dall'aggettivo latino almus, "nutriente"; il significato potrebbe quindi essere interpretato con "che fa crescere", "che nutre", "nutrice".
In italiano aulico il termine alma indica l'anima, tanto che troviamo citato in molti poemi famosi, tra cui quelli di Torquato Tasso.
Il nome coincide comunque con diversi termini di altre lingue; in spagnolo e portoghese alma indica l'anima (nel qual caso ha lo stesso significato dei nomi Dusan e Enid), così come in italiano nel registro aulico, mentre in ungherese significa "mela".
Il termine alma mater "madre nutrice", usato nell'antichità per una dea della fecondità e in seguito come epiteto della Madonna, è diventato poi parte del motto dell'Università di Bologna nella dicitura alma mater studiorum, con allusione al nutrimento "spirituale" degli studi universitari. Da lì è poi passata ad indicare, soprattutto in ambito anglofono, l'università in generale. Il nome era raro in inglese prima della battaglia di Alma, avvenuta nel 1854 (la prima battaglia terrestre della guerra di Crimea, ebbe luogo nelle vicinanze del fiume Alma in Crimea. Un esercito anglo-francese ottenne una grande vittoria contro l'armata russa).

Il nome è adespota, cioè non è portato da alcuna santa cristiana e l'onomastico può essere festeggiato il 1° novembre per la festa di Ognissanti.
 Si può trovare un onomastico pagano, perché il nome deriva dall'aggettivo latino almus, che significava benefico, che dà vita, dà nutrimento ed era un epiteto di molte divinità antiche. Il femminile alma fu usato soprattutto per Cerere, detta anche l'alma parens, ovvero la madre nutrice, perché era la dea che favoriva la prolificità di donne e animali e aveva la funzione di proteggere i raccolti

martedì 5 aprile 2016

Ischia e Capri




Quest'anno per le feste pasquali abbiamo voluto andare a vedere una delle meraviglie della nostra penisola: Ischia, l'isola verde.
Ischia è un'isola di origini vulcaniche e fu dai Latini chiamata Pithecusa, nome che la tradizione fa derivare dal Greco “pithos” (vaso), cioè l'Isola dei vasai.
 Altra interpretazione, del tutto fantasiosa, collega il nome a “pithekos” (scimmia).Il mito, di origine greca, racconta infatti che due briganti  Cercopi di Efeso, facendosi beffe di Zeus, furono da questo puniti, trasformati in scimmie e relegati nelle isole di Aenaria (Ischia) e Prochyta (Procida).
Un altro mito greco, contrastante con il precedente, dice che Zeus stesse combattendo con due Titani, uno chiamato Tifeo e l'altro Mimante. Lo scontro finì con la sconfitta dei due Titani, che, per punizione, vennero sepolti sotto due blocchi di roccia: precisamente, Tifeo sotto Ischia e Mimante sotto Procida.
 Questa versione del mito potrebbe essere importante in quanto probabile risposta degli antichi greci al mistero (per loro) del vulcanismo dell'intera area: le terre sarebbero state così mutabili a causa del costante intervento di una divinità.
 È stato proposto che il nome descriva una caratteristica dell'Isola, ricca di pinete. “Pitueois” (ricco di pini), “pituis” (pigna), “pissa, pitta” (resina) appaiono termini descrittivi dai quali potrebbe derivare Pithecusa, che significherebbe dunque “isola della resina”, una importante sostanza usata, tra l'altro, per rendere impermeabili i vasi vinari (Strabone, Geografia, V,1,12). L'espressione “insula visca”, con l'aggettivo greco “(v)ixos” (appiccicoso) e la consueta caduta della “v” iniziale, fornisce una probabile origine del moderno “Isola d'Ischia”. 

Che dire? 
Le acque termali dell'Isola d'Ischia sono ben conosciute ed utilizzate fin dall'antichità. La sua natura vulcanica rende Ischia uno dei maggiori centri termali d'Europa.L'isola è bellissima: l'abbiamo visitata tutta sia via terra, che via mare, con una barca che ne faceva la circumnavigazione. Tutti e sei i comuni di Ischia hanno qualche cosa di interessante da mostrare. Peccato che si fosse ai primissimi giorni della stagione e che i giardini non fossero ancora aperti. Avrei visitato volentieri la Mortella, ma non è stato possibile. L'acqua è trasparente, limpidissima, ovunque alberi di aranci e limoni e piante a profusione. Ci sono bellissime ville, dei tempi in cui Angelo Rizzoli ne aveva fatto un luogo per vip. Purtroppo molte hanno l'aria abbandonata e mostrano i segni del tempo, come vecchie signore che hanno deciso di trascurarsi. Verrebbe voglia di entrare nei giardini e di esplorarle da cima a fondo, ma i cancelli sono chiusi e non si può entrare. Chissà se in piena stagione hanno un'aria più vivace? Chissà se qualcuno viene a villeggiare? In questo paradiso, dovrebbe essere una delizia!

















Un giorno abbiamo preso il traghetto per Capri, la più bella, la più famosa. Meritatamente! Capri è davvero magica e non c'è da stupirsi che quotidianamente migliaia di visitatori la raggiungano.
Il nome deriverebbe dal greco kàpros, ossia cinghiale, collegato al latino capreae, capre (in antichità l'isola era nota come Caprae, in greco Κάπραι).
L'isola è, a differenza delle vicine Ischia e Procida, di origine carsica. Inizialmente era unita alla Penisola Sorrentina, salvo essere successivamente sommersa in parte dal mare e separata quindi dalla terraferma.
I Greci la colonizzarono e divenne un possedimento di Napoli, poi l'imperatore Augusto, in visita nell'isola, vide fiorire un ramo secco e fece di tutto per ottenerla da Napoli in cambio di Ischia. Anche l'imperatore Tiberio se ne innamorò e ne fece il suo rifugio costruendovi più ville, forse dodici, secondo gli autori latini; in realtà, a testimonianza della sua presenza, resta oggi la sua villa lussuosa dedicata a Giove, un delizioso esilio volontario, da cui continuava a governare l'impero.
Alla fine dell'impero Capri non fu immune dall'invasione di Vandali, e neppure più tardi da quella dei Saraceni che spinse gli abitanti, come accadde anche in altre città d'Italia, a rifugiarsi nel punto più alto del'isola tra la cittadella murata e il Castiglione, in un posto impenetrabile, difficilmente raggiungibile e con un'ottima vista sul mare, per individuare i nemici in arrivo.
L'isola passò poi sotto la dominazione Longobarda ed in seguito Normanna, finché con gli Angioini, che fondarono la grandiosa certosa di San Giacomo, non tornò all'antico splendore.
Anche qui abbiamo fatto un giro visitando i punti principali dell'isola: Anacapri, con villa San Michele, da cui si gode una vista mozzafiato sul mare, la casa rossa con tutti i suoi stili architettonici e la chiesa sconsacrata in cui si può ammirare uno splendido pavimento in ceramica che rappresenta il Paradiso Terrestre, dove si trova, naturalmente, anche Capri; Capri vera e propria con la celebre piazzetta ( dove ad una bancarella si può bere una granita al limone con spremuta d'arancia da oscar delle bibite), l'hotel Quisisana ( dove hanno soggiornato i miei genitori in viaggio di nozze e quindi dove è stato piantato il seme da cui provengo io), e i negozi di grandi firme con abiti e gioielli inavvicinabili, ma guardabilissimi.
Non abbiamo fatto in tempo a visitare i giardini di Tiberio perchè abbiamo preferito fare il giro dell'isola con la barca: ne valeva la pena!! La grotta dei coralli, la grotta bianca, la grotta verde, i faraglioni, le ville sulla scogliera, a picco sull'acqua: indimenticabili.
















La macchina fotografica mi ha abbandonato verso la fine della gita, ma queste immagini si possono trovare a migliaia nel web e in foto anche molto più belle delle mie. Nelle mie c'è quasi sempre della gente che non conosco e che non c'entra, ma la folla era talmente tanta, che non potevo evitare di cogliere qualche intruso.

In conclusione una bella vacanza, dove ho potuto ammirare panorami stupendi e inorgoglirmi una volta di più del patrimonio naturale e artistico che solo noi abbiamo. Unica pecca: da quelle parti non vige l'obbligo, per i padroni dei cani, di raccogliere le loro cacche e quindi le passeggiate sono ad alto rischi incontri indesiderati; se guardi in alto per ammirare il cielo, non vedi quello che rimane sulla strada.....

domenica 3 aprile 2016

Il maggiolino





L'automobile della mia gioventù è stata il maggiolino della volkswagen. Quando ho conosciuto mio marito, nel 1964, avevo quindici anni, quindi niente patente ancora, ma lui ne aveva quasi diciotto e, dopo pochi mesi, poteva guidare. Suo papà aveva un maggiolino bianco e quindi le prime passeggiate le ho fatte su quel sedile in similpelle marrone-rossiccio. 






Dopo qualche anno, a quella gloriosa vettura, che si comportava come una jeep, ne è seguita un'altra, più nuova e moderna, ma sempre  maggiolino, questa volta verde.


 Ci siamo sposati nel 1973 e la macchina è venuta via con noi, ma per il viaggio di nozze abbiamo avuto in prestito il nuovo maggiolone azzurro e cabriolet che era entrato in casa al posto di quello che ormai era diventato nostro. 






Il maggiolino è una macchina che ho sempre amato e che mi è dispiaciuto vedere uscire di produzione. Oltre tutto il nuovo tipo, uscito nel 1998 col nome di New Beetle per rilanciare il modello, non mi piace affatto: sembra la macchina di Topolino, troppo arrotondata...non è più lei!
La nostra era una macchina fedele, ti portava dappertutto, incurante delle strade brutte e del maltempo: non ti abbandonava mai e in cambio richiedeva pochissimo.






La Volkswagen, vocabolo che in tedesco significa letteralmente vettura del popolo, nacque sotto la dittatura nazionalsocialista di Hitler, nel 1937, per suo volere.
Negli anni trenta, infatti, Hitler voleva far realizzare un'automobile che potesse essere in grado di motorizzare il popolo tedesco di classe meno abbiente. L'incarico di realizzarne il progetto venne affidato all'ingegnere Ferdinand Porsche, titolare dell'omonimo studio di progettazione nato nel 1931, col diktat di creare un'auto compatta, economica, semplice e robusta, facile da costruire in grande serie ed economicamente accessibile.
Nel 1936 vennero presentati tre prototipi (due berline e una cabriolet) al Führer, che diede ordine di trovare un luogo dove far sorgere la fabbrica per la produzione dell'auto del popolo. Si scelse un sito ove sarebbe stata costruita una nuova città attorno allo stabilimento, la futura Wolksburg, in Bassa Sassonia, non molto distante da Hannover.
La cerimonia di posa della prima pietra, presieduta, ovviamente, da Hitler, si svolse nel 1938, ma poco tempo dopo, lo scoppio della seconda guerra mondiale costrinse a convertire il progetto Typ 1 da civile a militare. Nacquero così le kubelwagen (auto-tinozza), usate come mezzo di trasporto leggero dagli ufficiali della Wehrmacht e la " Schwimmwagen" (l'auto che nuota, ovvero anfibia).
Terminato il conflitto, grazie all'iniziativa di Ivan Hirst, maggiore dell'esercito inglese, e di Ferdinand Anton Porsche (figlio di Ferdinand), la fabbrica della Volkswagen venne riaperta. La direzione fu affidata a  Heinz Nordhoff, ed il modello progettato nell'anteguerra, opportunamente aggiornato, entrò finalmente in produzione e fu immesso sul mercato con il nome commerciale di Volkswagen 1200, meglio conosciuto come Maggiolino (oppure KäferBeetle o Coccinelle, a seconda della lingua dei paesi di commercializzazione). Il successo fu letteralmente immenso e continuò per diversi anni. Il maggiolino era una delle macchine preferite dai figli dei fiori.