Mi pare che erede naturale di Brunella Gasperini, sia lei: Luisella Fiumi. Ma probabilmente questa mia idea è sbagliata, in quanto le due scrittrici dovrebbero essere coetanee.... Credo di averne conosciuta prima una e poi l'altra, così mi pare sempre che ci sia continuità e non contemporaneità fra le due. Il modo di scrivere sulla vita famigliare contemporanea, giornalistico, divertente,fuori dai soliti canoni e le idee aperte e modernissime di Luisella sono comunque sulla stessa linea d'onda di Brunella.
Ho ripreso in mano in questi giorni i suoi libri e li trovo ancora molto divertenti. Non solo uno spaccato della vita negli anni settanta, ma di un'attualità sorprendente.
Su di lei in internet non ho trovato niente, nemmeno una piccola fotografia. Un'unica immagine del marito, giornalista e scrittore pure lui, Gaetano Tumiati, vincitore di un premio Campiello nel 1976 con il libro "Il busto di gesso", che, se non ricordo male, non sono riuscita a finire....
Il libro che le ha dato una fama che, purtroppo, mi pare già dimenticata
Gli altri suoi libri di successo.
Ecco cosa ho trovato nell'archivio del Corriere della sera (2009)
e il commento a questa riedizione è valido per tutti gli altri libri di Luisella:
LA VITA AGRA DI UNA MOGLIE
Un «furibondo memoriale» uscito nel 1974
Luisella Fiumi se n' è andata tanti anni fa. Come donna, zero, è il titolo di un suo libro che oggi torna (Calypso editore, pp. 155, 16). «Divertente», lo definisce la noticina editoriale. No, divertente no. Fa sorridere, sì fa sorridere. Ma se appena gratti le parole allegre, trovi tutta la malinconia che sta dietro il non-senso della vita. In questo caso la vita di una donna che paga il prezzo della sua intelligenza: che interpreta il suo ruolo di moglie e di madre al passo con i tempi. Quei tempi. Lei che era «avanti»: con il cervello e con il cuore. Ma era «dentro» quel meccanismo chiamato «famiglia» che una generazione fa metteva la sordina a ogni spirito libero. Lei lo era, uno spirito libero, ma non lo faceva pesare (anni Settanta!) al marito «perfetto», alla mamma «svagatamente autoritaria», alle figlie contestatrici che davano l' assalto al cielo «trovandoci, compagni, alle undici e un quarto all' incrocio tra piazza Santo Stefano e via Larga»; quello che succedeva era ininfluente, compagne e compagni; ma era sempre un bel casino emozionante che valeva la pena di esserci in mezzo. E allora, divertiamoci. A (ri)leggere questo libro-flipper dove quattro palline (lei Luisella, lui il marito, loro le due figlie) disegnano geometrie di famiglia. Anni Settanta, appunto. Con tutte le fatiche di quei giorni. E dei nostri. Perché Luisella Fiumi con il suo understatement, con la sua nonchalance, con la leggerezza di chi sa dire, raccontare, scrivere cose complicatissime facendo finta che siano lievi come un sorriso, toglie la maschera agli schiavi dei doveri borghesi (mariti dolcemente autoritari, mogli coscientemente vittime) di quella-questa Italia. Lui, il Bosi. Per pudore, Luisella scrive Bosi, ma intende Boss. Comanda lui: con garbo, gentilezza, talvolta complicità, ma comanda lui. Ironica-accettazione: «Certo, non era facile essere moglie di un marito perfetto. Era un' immensa fortuna, un onore che, tuttavia, mi dava molte responsabilità». Il cui peso era aggravato dal fatto che «avevo ricevuto un' educazione sbagliata, irrimediabilmente borghese, e in più leggevo Freud». E c' è posto anche per Stalin: il Bosi-fidanzato «chiacchiera molto e possiede Verità Assolute, io Verità Relative, dette anche "Secondo Me". Lui diceva che Stalin in un certo senso aveva ragione, io dicevo di no». Poi il Bosi-marito parla meno, ma spiega: «La differenza tra gli uomini e le donne consiste in questo: che le donne parlano e gli uomini no. Gli uomini parlano solo quando hanno qualcosa da dire, mentre le donne parlano sempre di qualsiasi cosa». E Luisella, tanti anni fa dice: «Gli uomini non parlano per il semplice motivo che non sanno cosa dire. Agiscono molto e pensano poco, per questo non parlano. Chi pensa parla». E mentre tutti e tutte nel 1974, quando uscì per la prima volta questo libro senza etichette (no-pamphlet, no-saggio, no-romanzo, no-diario), ne applaudivano la carica umoristica («amica mia, come ti capisco, come mi hai fatto ridere!»), l' unico che ne seppe interpretare la portata dirompente fu un intellettuale maschio, Claudio Carabba, che lo definì un «furibondo memoriale»: non certo per la forma, ma di sicuro per la sostanza. A volte bastano quei «calzini che non si rammendano da soli» (detto da un marito) per sentirsi «una moglie che non sa fare la moglie come si deve». O quell' «oddio come sei noiosa, come sei suffragetta, non so dove vuoi parare» (detto da una madre) per farsi travolgere da un sillogismo (im)perfetto: «L' uomo è un cretino, la donna è intelligente, quindi deve curarsi dei bambini senza voler trasformare gli uomini in donne di casa». O le figlie che provi a farle ragionare su Lenin e ti senti dire che aveva una faccia tagliente e forse non era simpatico perché pur essendo intelligente era un po' freddino. O te stessa quando ti dicono che non hai bisogno di spazi tuoi perché la casa in cui vivi è tutta tua e tu pensi: «Non c' è lampada, non c' è poltrona, seggiola che non sia mia, asciugamano asciutto che, volendo, non diventi mio. E forse, proprio per questo sono legata alla casa tutta mia con la catena, di "mio" vorrei un paio d' ali grandi e robuste come quelle degli angeli. Per volare via».
qui un altro commento su
Era una giornalista, una scrittrice. Umorista? Molto di più. Scriveva su un “femminile”, Grazia. Parlava di costume, di famiglia. Piccole cose? Molto di più. Noi non ci siamo cascate.
Noi, le donne della mia generazione, l’abbiamo capita e amata. Abbiamo letto con occhi attenti Come donna zero e gli altri suoi libri. Forse anche noi come “donne” eravamo zero. Non siamo state casalinghe perfette, non siamo state le ombre dei nostri mariti. Abbiamo pagato la nostra ansia di libertà.
Non vi è venuta voglia di leggerle, lei e Brunella?
PS. Non vi pare che il marito, fisicamente, assomigli a Montanelli?
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